QdVela e Motore Forum Nautico

Ma siamo proprio sicuri di abbandonare la nave?

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    L'Astemio (mirto escluso)

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    Porca vacca Grande Blu :shock: :shock: :shock:
    Dev'essere stato uno shock venire a sapere che la tua amata si è disintegrata...

    Io avrei pensato ad uno scherzo, prima di rendermi conto della triste realtà ! :pianto: :pianto: :pianto:
     
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    il VECCHIO e il MARE (Guargua)

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    Da infarto assicurato....!!!!! :cry: :cry: :cry: :cry: :cry:
     
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    E' stato peggio ancora. Ci hanno avvisato dell'incendio ed avevamo capito che si era trattato di un piccolo incendio sulla barca di mio zio che il quel momento era assente. Andammo al porto pensando che il bellissimo divano bianco del povero zio forse aveva preso puzza di fumo e sarebbe stato necessario cambiarlo. Arrivati al porto l'amara verità. Andai a vedere la nostra amata legata ad una boa su un basso fondale fuori dal porto illuminata dai fulmini fortemente danneggiata dall'incendio e iperzavorrata dall'acqua utilizzata per spegnere l'incendio.
     
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    il VECCHIO e il MARE (Guargua)

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    Era una barca in vtr o di legno? Che fine ha fatto poi? Scusa se riapro qualche ferita con la mia curiosità.... :cry:
     
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  5. Rabkisir
     
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    Riportando l'attenzione sul tema del post (abbandono barca o meno), io credo che la storia abbia ormai ampiamente dimostrato che la tendenza è certamente quella di abbandonarla troppo presto, piuttosto che il contrario: a cose fatte, a mente fredda, riesaminando gli eventi sul piano logico (tutte cose molto belle, ma difficilissime da coniugare con le emozioni del momento, la paura, la disperazione, ecc...) si vede che chi è coinvolto in un evento serio e grave in barca, tende a decidere di abbandonare la barca troppo presto ed a volte anche in modo immotivato.
    Del resto è comprensibile: la fortissima tentazione di mettere tra se ed il "guaio" quanta più distanza è possibile risulta quasi scontato.
    Chi decide (chi è in comando) subisce molteplici pressioni:
    - il timore di non essere adeguato all'emergenza che si sta creando,
    - a volte, un blocco psicologico che genera inazione di fronte al pericolo che avanza (la sindrome della preda che si immobilizza, incapace di azione, di fronte al pericolo immediato),
    - la percezione che se sta evolvendo così male la cosa, di lì a poco non potrà che andare peggio,
    - l'istinto di sottrarre se e gli altri che da noi dipendono, al "mostro" incontrollabile che avanza (fuoco, affondamento, tempesta, ecc...),
    - la consapevolezza o anche solo il dubbio di non aver fatto tutto quello che andava fatto prima e che quindi, in fondo, il disastro sia colpa nostra,
    - l'indole di ciascuno di noi (che è incontrollabile per definizione) per la quale prese cento persone e messe di fronte ad un pericolo serio ed immediato, 85 fuggono o si arrendono inermi e solo 15 combattono e reagiscono,
    - il sentirsi o meno il "capo" in quella situazione e la percezione che gli altri abbiano o no fiducia in noi,
    - lo stato fisico e mentale, la stanchezza, il disagio, i malesseri,
    - l'influenza della reazione degli altri a bordo: se tutti appaiono disperati, indifesi, inattivi, la tentazione di affrontare il problema ed insistere a risolverlo non può non risentirne,
    - ecc...

    Di fatto, è vero che esiste una consistente casistica di barche abbandonate e ritrovate poi ancora galleggianti (per quanto danneggiate), ma questo riguarda soprattutto gli abbandoni nave per maltempo ed anche per falla; non ricordo casistiche analoghe nel caso di incendio.

    Da qui si potrebbe già dire che, se non si tratta di incendio, l'abbandono nave è meglio che sia veramente l'ultimissima alternativa.
    Prepararsi per l'abbandono nave per tempo va bene ed è cosa saggia, ma va poi fatto effettivamente solo quando si è certi che non c'è altra via di salvezza.

    Da qui discende anche un'altra considerazione (sempre escluso il caso di incendio furente a bordo, che vedremo dopo): bisogna "aggredire" la situazione, non ritrarsi.
    Bisogna andare a vedere cosa sta succedendo, capire come nasce il problema, indagare, cercare, cacciarsi in sentina e controllare, scoprire da dove entra acqua, provare a rimediare: non scappare e rinunciare a cercare la soluzione.
    Chi non serve non stia tra i piedi: meglio che gli "ospiti" si ritirino a poppa o in coperta e non intralcino la caccia al problema. Si fa meglio da soli o massimo in due (e poi in barca gli spazi sono piccoli e si rischia di darsi solo fastidio: uno fa e l'altro aiuta, fa il passamano, porge gli attrezzi, toglie di mezzo i paglioli, ecc...
    Una, meglio due lampade portatili stagne a portata di mano in un punto sempre immediatamente raggiungibile, un paio di guanti da lavoro, un pacco di stracci bianchi da officina, un coltello da barca, un minimo di attrezzi di prontissimo impiego (martello, pinza, due cacciavite).
    Se c'è un buco nell'opera viva (evento comunque raro e legato ad urti in navigazione) con stracci, coperte, tessuti in genere cacciati a viva forza nella lesione si limita di molto la rientrata d'acqua, si guadagna tempo e si può organizzare meglio la reazione.
    Se si è rotto un tubo, un raccordo un passascafo, sapere già da prima dove stanno tutte le valvole a scafo è decisivo (andarle a cercare al momento del guaio, è da dilettanti allo sbaraglio),
    Primissima cosa, se si trova acqua che sale in sentina, e scoprire se è acqua dolce o salata (vale per chi naviga in mare, ovviamente): se è dolce, tranquilli, si cerca e si trova da dove perde il serbatoio, o dov'è interrotto il circuito di distribuzione della pompa autoclave.
    Se è salata, rapidi nel capire la zona da cui viene (poppa, centro, prua) ed iniziare una caccia accurata ed aggressiva.

    Mi fermo, per ora, in attesa dei vostri contributi. Seguiranno altre puntate per ulteriori approfondimenti.

    LG
     
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    CITAZIONE (Chrìs @ 9/5/2015, 10:45) 
    Era una barca in vtr o di legno? Che fine ha fatto poi? Scusa se riapro qualche ferita con la mia curiosità.... :cry:

    Mi pare di averne parlato al tempo. Era in vtr. L'assicurazione pagò circa 3/4 della "riparazione". La riparazione costò circa quanto la barca stessa (usata). Considera che tutto quanto stava sopra i ponti e coperte era incenerito ed anche una parte dello scafo a prua era "scottata". I motori erano illesi ma mezzi annegati nell'acqua usata dai pompieri per spegnere l'incendio, comunque, una volta sbarcati, ripartirono al volo, il generatore lesionato dall'acqua per la parte elettrica. L'impianto elettrico sopra i ponti ed il quadro inceneriti. Consegnammo il pieghevole a sei ante pubblicitario della barca assieme al relitto al cantiere che scegliemmo che ce la consegnò più bella che nuova per l'estate successiva. Usai quella barca per altri 20 anni. Poi sorsero gravi problemi strutturali forse (o forse no) dipendenti anche da quell'evento. Riuscii a venderla per pochissimo ma facendo scrivere nell'atto che l'acquirente era al corrente dei problemi strutturali della barca.
    La barca partì, via mare, per il profondo Sud per essere ristrutturata e rivenduta.
    Grazie ad un forum di nautica, la vidi, "ristrutturata", in una fotografia postata da un forumista e seppi da lui che era ancora navigante....
     
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    il VECCHIO e il MARE (Guargua)

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    No, non ricordo di aver mai letto questa storia... triste da un lato, ma affascinante per la sua caparbietá... :clap: barca dura a morire, eh? :ok: :ok:
     
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    Eccome. Noi l'abbiamo usata per 27 anni.
     
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22 replies since 6/5/2015, 22:02   209 views
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