QdVela e Motore Forum Nautico

  1. TECNICA light drifting
    di Bruno-21

    Stavo mettendo a scongelare ancora qualche manciata di sarde nel secchio, prelevandole dalla cassa ancora ben intirizzite, quando mi accorsi che il voluminoso galleggiante di colore rosso acceso, era scomparso dalla superficie.
    Istintivamente l’occhio corse subito alla vetta della canna e vidi che era molto piegata, proprio in quel momento, il mulinello cominciò a fare il suo dovere e cedere filo, avvertendomi con la sua cantilena gracchiante che per un pescatore è musica sublime, altro che Mozart.
    Non passarono che pochi secondi ed ero già lì, con la canna in mano, sfilata dal suo cilindro ad assecondare la fuga della mia preda.

    Ecco il momento magico, quello dell’abboccata, il momento più bello che un pescatore che si rispetti possa vivere.
    Successivamente c’è la lotta con il tuo avversario, la vittoria o la sconfitta, ma è niente in paragone.
    L’abboccata è il risultato di tutta la tua preparazione, non hai lasciato niente al caso, hai fatto tutto meticolosamente, ci hai messo molto di te stesso e delle tue conoscenze, hai anche voluto modificare qualcosa che a tuo parere poteva migliorare in qualche modo quello che avevi letto e ti avevano detto, ed il risultato eccolo lì.
    Il galleggiante è affondato trascinato dal pesce che tentavi di catturare e sei già felice, il tuo amico si dibatte in fondo alla lenza e ora sta alla tua capacità di vincerlo.
    Durante la settimana nei sogni l’hai visto affondare mille volte, ma ora è reale, bravo, bravissimo, superbravo, ce l’hai fatta, l’hai fatto abboccare.

    Questa pesca è molto semplice da praticare, però, come ho già detto mille volte e non mi stancherò mai di ripeterlo, ha bisogno di un’attrezzatura dedicata.
    Lasciatemi fare una considerazione in proposito e traetene voi le conclusioni.
    Pescare con la barca non è certamente una pesca, diciamo, molto economica, dagli scogli costerebbe meno, per cui, chi la pratica, suppongo possa spendere qualche soldo nell’attrezzatura.
    Se mi avete letto in precedenza, avrete capito che io sono molto attento nel fare gli acquisti, però, quando vado a pescare non deve mancarmi neppure il latte di gallina, altrimenti preferisco starmene a casa.
    Beato chi può stare dietro alle novità, io mi accontento di pescare con attrezzi, magari un po’ retrò, acquistati anni fa, però ancora validi.
    Lo so bene che quelli di ultima generazione hanno tre marce in più, però a meno di rotture o guasti, la mia attrezzatura non la cambio.
    Per esempio quando acquistai gli attrezzi per questa pesca, li pagai in lire e sono tutt’ora validissimi.
    Non mi ricordo esattamente ma tra canne, mulinelli e nylon non spesi 400 mila lire (200 euro)
    Fatta questa premessa passiamo alla descrizione del necessario.

    LA CANNA considerate che per questa pesca avremo a che fare con pesci di taglia abbastanza grande, il peso medio si aggira intorno ai due chili, ma quattro chili sono comunissimi e i più grossi superano i sei, ragion per cui la canna deve essere robusta, ben anellata e con un cimino robusto.
    In commercio c'è una scelta vastissima di queste canne che normalmente vengono appunto chiamate da Light oppure Palamita.
    La lunghezza andrà dai quattro metri ai quattro metri e mezzo per due ragioni, la prima è legata alla lunghezza del terminale, che è sui tre metri e la seconda sulla possibilità di giostrare meglio il pesce tenendo la lenza ben lontana dalla barca.

    Il portamulinello sarebbe meglio fosse del tipo a vite, più sicuro degli altri a slitta.


    IL MULINELLO
    Importantissimo in questa pesca è la frizione, qui non si può andare sul grossolano, fortunatamente ci aiuta la taglia di questo attrezzo che deve essere come minimo un 6.000.
    La grande superficie di attrito del disco normalmente fa si che la frizione possa lavorare correttamente ed essere pertanto tarata con precisione.
    In questi modelli, normalmente, il pomello di taratura è posizionato sopra la bobina, ma facilmente ruotabile nei due sensi ed è facilissima la sua regolazione.
    Naturalmente le marche Shimano e Daiwa sono sicuramente le più affidabili, ma guarda caso molto costose.
    Se avete la possibilità di comprare uno di questi marchi potete stare tranquilli della loro affidabilità, se il prezzo vi sembra eccessivo come è apparso al sottoscritto, ho ripiegato su marchi molto più economici, con prezzi meno della metà e con un funzionamento perfetto.
    Sono diversi anni che li ho, e, basta sciacquarli con acqua dolce ed irrorarli con il silicone spray dopo la pesca per averli sempre efficienti come nuovi.
    Accertatevi anche che l’imbobinamento sia a spire incrociate, difficilmente fare imparruccamenti.
    Se volete provare l’efficienza della frizione, dovrete farlo quando avrete riempito la bobina ed innestato sulla canna, le prove che facciamo con il mulinello in mano, ruotando la bobina e stringendo la frizione serve a ben poco.
    Il riempimento andrà fatto con il nylon, mi raccomando il multifibre per questa pesca non va assolutamente bene.
    Per il diametro potrete scegliere in base ai pesci cui la vostra azione di pesca è rivolta e conseguentemente il diametro del terminale.
    Io non pesco mai con terminali oltre lo 0,35, per cui carico il mulinello con nylon dello 0,40.
    Come caricare correttamente il mulinello l’ho descritto molte volte ma voglio ripeterlo per i nuovi lettori.
    Si innesta il mulinello sulla canna, va bene anche se usiamo una canna più corta se l’avete a disposizione e soprattutto se il piede del mulinello entra nel portamulinello.
    Comunque, si prende il nylon e si fa passare alla rovescia da tutti gli anelli iniziando dall’apicale.
    Si lega il nylon al torsolo della bobina del mulinello.
    Si mette il rocchetto di nylon in un secchio di acqua perché cedendo filo in questo modo elimina tutte le torsioni del confezionamento.
    Si carica il mulinello girando la manovella con la destra mentre si fa scorrere il nylon tra il pollice e l’indice della mano sinistra (per i mancini tutto all’incontrario).
    Il mulinello è caricato quando il nylon arriva a 2 / 3 mm. Dal bordo.

    I GALLEGGIANTI
    Qualcuno che pratica questa tecnica dirà: Bruno o è in demenza senile o ci prende tutti per il c…
    Se sono in quella fase di rincoglionimento totale non lo so, ma quello che posso assicurarvi è che io non prendo in giro nessuno.
    A volte mi piace scherzare per alleggerire un argomento troppo lungo e particolareggiato, ma non è questo il caso.
    Sissignori io il light drifting lo faccio con il galleggiante.
    Seguite per un momento il mio ragionamento (toh ci fa anche rima)
    Non è che disdegni di praticarlo anche a lenza libera, però va considerato che in barca siamo almeno tre pescatori ed ognuno di noi deve pescare, se pescassimo con le lenze libere, e abbiamo provato, succede spessissimo che facciamo dei bei grovigli, per cui pescheremmo a turno.
    Per questa ragione sperimentai questa tecnica, tra l’altro praticata anche dall’amico Riccardo Fanelli, e vidi che oltre ad essere catturante ci pemetteva di vedere dove era la nostra lenza e di conseguenza evitare di intrecciarci.
    Detto questo passiamo a parlare di questo segnalatore.
    Inizialmente pescavo con delle boe vere e proprie che avevano una portata di 100 grammi, cosa inutile e sbagliata.
    Succedeva che al momento dell’abboccata, alcuni pesci avvertissero la resistenza del galleggiante per il suo volume esagerato e rilasciassero l’esca, insospettiti.
    Cominciammo a scendere di portata e di volume e provammo galleggianti di diversa forma, finchè non giungemmo a quello che io considero l’oggetto giusto.
    La forma sferica e la porata di 30/40 grammi si sono rivelate le più giuste.
    Per il colore, normalmente queste sfere sono verniciate di due colori distinti che potranno essere posti indifferenetemente sopra o sotto a nostra scelta.
    I colori sono giallo e rosso oppure bianco e rosso.
    Sono ambedue visibilissimi e la scelta, perlomeno sulla mia barca, è determinata per distinguere chiaramente quale galleggiante è mio e quale degli amici,il resto è intuibile.
    Dovrà essere del tipo scorrevole, grazie ad un foro che l'attraversa da " polo a polo" questo foro è rivestito da una guaina in plastica che in realtà è un cilindretto di plastica un po' più lungo del galleggiante stesso.
    Proprio questo è il suo tallone d'Achille, il tubetto tende a scollarsi dalla sfera in polistirolo e bisogna prevenire prima che questo succeda mentre peschiamo.
    Una volta arrivati a casa proviamo a rimuovere il tubetto, moltissime volte questo viene via con facilità.
    Cospargiamolo di colla cianoacrilica e rinfiliamolo nella sua sede, non si staccherà più.

    IL TERMINALE
    Questa pesca si rivolge soprattutto alla ricerca di pelagici tra cui la palamita è la preda più comune.
    Non so se conoscete le palamite, ma se non le conoscete vi spiego come sono fatte.
    Conoscerete tutti la fiaba di cappuccetto rosso quando arriva dalla nonna e trova il lupo nel letto: che occhi grandi, che bocca grande, che denti grandi….
    Se invece del lupo fosse riferito alla palamita non ci sarebbe da aggiungere altro.
    Ecco i denti, i denti sono il pericolo del nostro terminale che per essere catturante deve essere anche sottile, più è sottile più è catturante, però, più è sottile e più facilmente, la nostra amica, lo strapperà con la sua dentiera.
    E allora? Allora corriamo ai ripari e costruiamo un terminale con la trappola.
    Considerate che la taglia dei pesci che insidieremo è alquanto tosta, diciamo la media è sui due chili, per cui innescheremo un boccone grosso composto da una sarda intiera.
    Proprio questa ci aiuterà a fregarsene dei denti del nostro sportivissimo, divertentissimo avversario.
    Basterà legare in fondo al nostro terminale in fluorocarbon, 10 centimetri di multifibre dello 0,40 e su questo legare l’amo.
    I denti si troveranno a contatto di questo spezzone che nonostante i suoi sforzi e divincolamenti non riuscirà mai a recidere e tan zan vualà (non fateci caso ho vissuto qualche anno in Francia).
    I terminali andranno preparati in questo ordine, poi fate come preferite ma se seguite il mio consiglio non sbaglierete.
    L’amo che io consiglio è un 3/0 ad occhiello con punta leggermente rientrante verso il gambo.
    Si lega l’amo sul multifibre.
    Si misurano circa 10 centimetri e poi con l'eccedenza si fa una cappiola (asola fissa) ripassandola due volte.
    Sull’asola si lega il fluorocarbon dello 0,30 con un nodo clinch o improved clich.
    Si misura il fluorocarbon (personalmente faccio i terminali di 3 metri) e in cima a questo si fa un’altra cappiola o asola con il medesimo nodo che abbiamo utilizzato per il multifibre.
    I terminali sono pronti per essere utilizzati al momento della pesca, avvolgeteli su una rocchella in poliuretano, scrivete su un’etichetta autoadesiva le caratteristiche del terminale ed appiccicatela sopra.
    Tutto qua.
    Dimenticavo, l’avvolgimento sulla rocchella si fa iniziando dall’amo che si fissa su un bordo e proseguendo nell’avvolgere tutto il terminale, quando arrivate all’asola del fluorocarbon, fissatela su una guancia della rocchella con una puntina da disegno (una cimice).
    Ora vi svelo un piccolo segreto per rendere il terminale ancora più pescante.
    Invece di utilizzare il f.carbon dello 0,30, costruitelo con lo 0,18 raddoppiando questo m fibre come se fosse un filo soltanto.
    E’ necessario prestare la massima cura affinché i due fili paralleli siano della stessa lunghezza precisa, altrimenti anziché lavorare in coppia lavorerà solo uno e facilmente romperete il finale, ma se riuscite a farlo vedrete che differenza!!!

    LA MINUTERIA
    Occorrono alcuni moschettoni con girella, robusti ma piccoli che troverete facilmente in tutti i negozi di pesca, piombi ad oliva da 15/20/30 grammi, alcuni tubetti in silicone salvanodi, perline con foro poco più grosso di uno 0,40, filo di cotone per nodino di stopper, ago Stonfo per sarde, pinze per slamare.

    PREPARIAMO LA LENZA
    Siamo finalmente arrivati sulla nostra posta scelta per questa pesca, abbiamo buttato l’ancora e siamo fermi, è il momento di preparare la canna.
    Innestiamo il mulinello e passiamo il nylon attraverso gli anelli, ricontrollaiamo due volte di non averne saltato nessuno.
    Tenendo il nylon in mano che fuoriesce dall’apicale, allunghiamo la canna avendo cura che i pezzi siano ben bloccati dalla loro conicità, specialmente il cimino.
    Infiliamo la perlina ferma stopper, poi il galleggiante ed infine un piombo di 10 grammi inferiore alla portata del galleggiante.
    Mettiamo ora un pezzetto di tubetto in silicone salvando ed infine leghiamo sotto a tutto questo il moschettone.

    Perché un moschettone e non una girella? Perché il terminale dovrà essere rimosso dal moschettone per l’nnesco dell’esca: una sarda.
    A monte di tutto questo, con il filo forte in cotone facciamo il nodo di stopper, eccoci pronti, si ma a quale profondità peschiamo?
    La nostra azione è rivolta ai pelagici che normalmente preferiscono muoversi non in prossimità del fondo e comunque non sono legati a questo come i dentici ed i prai.
    Io mi comporto così sul fondo che prediligo che è circa 30 metri.
    Inizio dando 10 metri di fondo, l’altro amico 15 metri e se siamo in tre l’ultimo sui 20, poi ci regoliamo secondo le mangiate.
    Se pescate da soli dovrete trovare da voi la profondità più gradita.

    Prima di parlare dell’azione di pesca, ma più che altro della pastura base essenziale per il light, posto tre foto due delle quali si riferiscono all’innesco.












    A fine innesco, per ottenerlo ancora più stabile, con il doppio f. carbon si fa un falso nodo sulla coda.
    Nessun problema, quando ferriamo il falso nodo non darà fastidio.


    LA PASTURAZIONE
    Quando siamo sicuri di essere ben ancorati, prima di mettere mano alla preparazione della canna, dobbiamo dedicarci alla pasturazione.
    Non mi stancherò mai di ripeterlo, potete essere bravissimi, simpaticissimi, preparatissimi, ma con queste doti non farete avvicinare alla vostra barca un pesce che sia uno.
    Durante il trasferimento, se avete amici a bordo, si saranno incaricati di preparare la pastura a base di sarde.
    Avranno scongelato una porzione di sarde che avranno prelevato dalla cassa, mediante un coltello a sega di quelli utilizzati per il pane, poi con le forbici tagliate a tocchetti abbastanza piccoli e messi in un secchio, dove vengono cosparsi anche da spruzzate di pane grattato.
    Appena ancorati ci preoccupiamo anzitutto si gettarne a mare qualche pezzo, verificando l’intensità della corrente che ci permetterà di scegliere il giusto galleggiante e peso e comincerà a lavorare facendo avvicinare i pesci anche da grande distanza.
    Da un secchiello acquistato in negozio, tiriamo fuori la rete contenente le sarde macinate, leghiamo la rete ad una cimetta, mentre sotto il sacco, tramite un moschettone, agganciamo un piombo da almeno mezzo chilo affinché questo rimanga stabilmente alla profondità che abbiamo scelto per questo tipo di pastura.
    Personalmente uso per scegliere di calare la rete circa alla metà della profondità.
    Questo aroma, molto sciolto, si propaga in acqua molto più velocemente dei pezzi di sarda e giunge anche più lontano perché i pezzi di sarda, bene o male, arriveranno sul fondo e si fermeranno mente l’odore delle sarde macinate si propagherà lontano, diluendosi, ma arriverà.

    Per capire la validità di questi sistemi abbinati, pensiamo per un momento di essere un pelagico in caccia alla ricerca delle tanto sospirate sarde, il loro cibo preferito.
    Vagando per il mare, arriva ai loro molteplici captatori sensoriali un vago odore conosciuto che li mette subito in agitazione, è arrivato l’aperitivo.
    Nuotando in una determinata direzione l’odore si fa sempre più intenso e non possono fare a meno di seguirlo: dove c’è fumo c’è arrosto.
    Poi, ecco, un pezzetto di sarda, viene preso al volo, mentre con la coda dell’occhio ne appare un altro e più che nuotano in quella direzione più ne trovano.
    Anche altri pesci si sono accorti di questo e c’è una gara a chi prima arriva sul boccone, la famosa competizione alimentare ha inizio.
    Ma cos’è quella là, caspita è una sarda intera bisogna che mi precipiti prima che se ne accorchino le altre colleghe, una rapita mossa e la sarda è gia ingoiata.

    Non c’è una regola precisa nel gettare i pezzi di sarda, considerate però che questa catena non deve interrompersi per tutta la durata della pescata, gettiamole aritmicamente tre o quattro pezzi per volta spargendoli come se seminassimo.

    L’AZIONE DI PESCA
    Di come regolarsi per la profondità ne abbiamo già parlato, mettiamo la nostra montatura sorretta dal galleggiante in acqua e facciamolo derivare sotto corrente, quando giunge a una ventina, venticinque metri, si blocca la lenza, in attesa dell’abboccata, se niente succede ci si allontana ancora, poi si recupera e si ricomincia.
    Io dopo tre o quattro passate a vuoto fermo il galleggiante ad una ventina di metri e metto la canna nel portacanne, in attesa dell’abboccata, questo sistema funziona benissimo.
    Quando il galleggiante affonda, non c’è fretta, lasciamo che il pesce mangi per bene.
    Alziamo la canna e ferriamo.
    Il mulinello deve essere tarato perfettamente perché immediatamente dopo inizierà la fuga che dovremo assecondare senza forzare troppo.
    La palamita quando arriverà vicino alla barca cercherà di dirigersi verso la cima dell’ancora, ecco questo è il momento di forzarla per distoglierla da questa idea che se riuscisse significherebbe la perdita sicura del pesce.
    Il guadino porrà fine alla lotta.

    ALCUNE RISPOSTE
    In questa pesca non viene usato il multifibre, non ce n’è bisogno e sarebbe inopportuno perché : nodino di stopper e multifibre non vanno d’accordo, e, poi avremo come alleato l’elasticità del nylon.

    Mentre per la pastura vanno benissimo le sarde congelate per l’innesco avremo bisogno di sarde freschissime.

    Questo sistema si può tranquillamente usare anche per i dentici ed i prai, pesci legati al fondo, occorre però in questo caso utilizzare il pasturatore a sgancio e farlo aprire a cinque o sei metri dal fondo, le sarde macinate nella rete, in questo caso non occorrono.

    Si può anche pescare senza l’ausilio del galleggiante, ma in questo caso la piombatura deve essere frazionata, usando piombini spaccati da mezzo grammo e mettendone un numero giusto affinché la lenza scenda lentamente mentre si allontana, normalmente la passata finisce quando si pesca che l’esca abbia toccato il fondo.
    Personalmente preferisco usare il galleggiante, ma a volte questo sistema è più redditizio.

    Questa pesca è veramente semplice e riserva tante tante tante emozioni e se ve lo dice Bruno potete crederci!



    (Link alla discussione originale: http://quellidelvolavia.blogfree.net/?t=4499112)

    Edited by Chrìs - 17/4/2015, 19:02
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